
Secondo Jean Renoir, “un regista rifà sempre lo stesso film con gli stessi temi, scelte e situazioni”. Per l’autore de La grande illusione, quanto più è personale il rapporto di un autore con la propria opera tanto più è inevitabile che questi abbia a ripetersi, si ritrovi quasi a rifare lo stesso film. A dimostrazione del fatto che avesse ragione, la storia del cinema è in effetti piena di registi che si sono limitati a raccontare la stessa storia, o sono rimasti intrappolati entro i confini di un determinato genere, senza poterne mai uscire, salvo poi finire oggetto degli strali della critica. Pensiamo a Ernst Lubitsch, riconosciuto unanimemente come il genio della commedia, o ad Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, guardato con un certo sospetto quando osò esplorare altri territori, come ad esempio la commedia ne Il signor e la signora Smith o La congiura degli innocenti.
Vi sono però autori che sfuggono a qualsiasi tipo di inquadramento e, per questo, risultano più difficili da analizzare e da trattare. Questo è senz’altro il caso di Pupi Avati, uno tra i più eclettici registi e autori cinematografici italiani.
Dando anche solo uno sguardo molto superficiale al corpus della sua ormai cinquantennale opera, risulta immediatamente evidente come Avati non si sia limitato ad esplorare un solo genere ma abbia invece spaziato tra horror, dramma e commedia, e non solo. Sempre in maniera originale e non scontata. Così, l’autore di film come Zeder o Il signor Diavolo, in cui prendono forma i peggiori tra i nosti incubi, è lo stesso che ha realizzato pellicole come Festa di laurea o Storia di ragazzi e di ragazze, caratterizzate da un tono delicato e un’aura nostalgica. Nonostante questo suo saltare tra i generi, questo suo essere un autore imprevedibile, Avati è sempre riuscito a infondere un tocco personale ad ogni sua opera, provando che in fondo la massima di Renoir non vale proprio per tutti: vi sono anche registi capaci di percorrere territori sempre nuovi, sia per temi che generi.
E, proprio per questo suo rappresentare una sorta di unicum nella cinematografia italiana, è doveroso e necessario dedicare a Pupi Avati questo volume.
Gian Lorenzo Masedu
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Pupi Avati – La terra del Diavolo
Pupi Avati – La Terra del Diavolo, edito dall’Officina d’Arte OutOut è un viaggio fatto di emozioni, racconti, cultura, introspezione, studi e immagini su uno dei registi italiani che hanno segnato la storia del nostro Cinema, ed uno dei pochi capace di abbracciare un’infinità di generi narrativi.
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