Un ricordo, a 10 anni dalla scomparsa, del fondatore della rivista Deep Listening
Conobbi Gianluigi (Gigi) Gasparetti poco dopo l’uscita della raccolta di cd “Historic Edition” di Klaus Schulze nell’estate inoltrata del 1995, ci incontrammo fuori dell’ospedale Forlanini di Roma dove prestava servizio come pneumologo. Ricordo bene che prima di vederlo ero un pochino agitato per via di alcune cose che mi furono riferite riguardo al suo carattere schivo e riservato, quasi scontroso. La cosa però non mi quadrava visto che durante la telefonata che gli feci per l’acquisto della raccolta, difficilissima da trovare attraverso negozi canonici, fu cordiale e gentilissimo, tanto da invitarmi nel luogo di lavoro per la consegna e per conoscerci.

Gianluigi era amico di Schulze, che ospitò nella sua casa prima del mitico concerto di Roma al Teatro Valle nel 1994, e attraverso il suo manager Mueller riusciva ad avere le uscite del maestro berlinese in anticipo rispetto a tutti, e per via diretta. Ci presentammo e mi fece salire in una stanza tetra e buia dell’ospedale, dove in un armadietto metallico teneva le sue cose, tirò fuori quel ben di Dio e quasi non credetti ai miei occhi: era tutto vero!
Lui mi guardò felice della mia felicità, e scoccò una scintilla di un sentimento che tutt’oggi mi rimane difficile spiegare, come riconoscessimo entrambi un qualcosa di comune aldilà dello spazio-tempo.
Nell’estate del 1993 uscì il primo numero della rivista/fanzine Deep Listenings che Gianluigi volle fortemente realizzare per dare voce e luce ad una scena musicale molto poco considerata, quella dell’avanguardia, dell’elettronica, dell’ambient e degli sperimentatori di suoni non convenzionali. Qualcuno dell’ambito dei negozi di dischi, la ribattezzò in maniera sprezzante: la rivistina, tanto per darle il benvenuto nel mondo del business senza scrupoli né anima, Gigi rideva molto di questo, l’idea infatti era proprio quella di allontanarsi il più possibile dal mercimonio delle majors, per dare spazio alle etichette più povere o addirittura alle autoproduzioni di tutta la scena internazionale, della quale Gianluigi conosceva ogni aspetto, avendo instaurato una rete di comunicazione diretta con gli artisti. Un manipolo di visionari lo accompagnò in questa avventura, Massimo Ricci in primis, chi più chi meno tutti fecero la loro parte senza nessun rendiconto, guidati dallo spirito indomito di un capitano che faticò più di un mozzo, conducendo la sua nave fino all’ultimo numero che uscì nella primavera del 2002. Le difficoltà furono enormi specialmente per i costi di stampa, il tempo da dedicare all’ascolto dei cd provenienti da tutto l’universo, le recensioni scevre da qualsiasi interesse economico, ma soprattutto la spedizione ai pochi abbonati, Qualche copia si riusciva a trovare anche in alcuni negozi di Roma, all’inizio anche da qualche Feltrinelli, era Gianluigi stesso a portarle, ma certamente non fu ben veicolata dai commercianti, che ne acquisivano le informazioni ma di fatto non le diedero mai la giusta visibilità.
La nascita di Oöphoi, ricercatore introspettico

Gianluigi tenne a galla la barca con l’aiuto della compagna Alessandra Clini, un’osteopata di grande spessore. con la quale si trasferì in un casale da ristrutturare in cima ad una collina al confine tra Lazio e Umbria, località San Vito, lontano da tutto, con vista sulla vallata dominata da Orte e dove il Tevere incontra il Nera: Due Acque.
Decise di fare il pendolare per andare al lavoro a Roma con estremo sacrificio, ma quello che stava realizzando lo ripagò di tutto. Era felice di impiegare tutte le sue forze per evadere dalla sempre più invivibile e caotica metropoli, ritrovandosi alla sera stanco, ma felice in un luogo adatto al suo spirito di ricercatore introspettivo.
Ricavò all’interno del casale in pietra, una stanza molto grande, che dedicò all’ascolto e alla nascita di suoni che provenivano dalle profondità dell’anima. La chiamò Kiva in ricordo del luogo sacro dei popoli di lingua Hopi, non era circolare ma sicuramente rispondente alle necessità richieste. Lì cominciò a comporre musica, non in modo tradizionale o per farne un business, ma per trovare Dio, scelse di chiamarsi: Oöphoi (uovo cosmico primordiale) un nome che gli scaturì dalla lettura di innumerevoli libri dedicati alla spiritualità e al mistero.
Nel corso degli anni tanti ricercatori, musicisti e non, passarono per il Kiva ospiti di Gianluigi e Alessandra, ricordo l’americano Steve Roach, che fece una performance indimenticabile, Enrico Cosimi aka Tau Ceti, Lorenzo Pierobon, Ran Kirlian, Stefano Musso aka Alio Die, Vidna Obmana, Alessandro Tedeschi aka Netherworld, Lee Ellen Shoemaker, Al Gromer Khan, e tanti altri,ma soprattutto Klaus Wiese. Di lui conservo un ricordo indelebile poichè per definirlo alla Gurdjieff, fu uno degli “incontri con uomini straordinari”. Tutti quelli che lo conobbero ebbero immancabilmente a ringraziare Gianluigi e Alessandra per averlo ospitato più volte nella loro casa, dove lui si recava molto volentieri e per avercelo fatto conoscere.

Un mistico, musicista e viaggiatore che lasciò a tutti qualcosa da fissare bene in mente in merito alle nostre vite, passate e presenti, sul senso della preghiera e del rapporto con Dio. Ebbi l’onore sempre attraverso Gianluigi di finanziare un suo lavoro (Ming Noir) e di partecipare indegnamente con alcuni suoni del mio Shakuhachi a due cd col gruppo Nebula, fortemente voluto dall’infaticabile Gasparetti. Ripenso con angoscia il giorno che ricevetti da Gianluigi la telefonata con la quale mi comunicò la morte nella notte di Klaus, era disperato perché a suo dire, avrebbe potuto salvarsi se si fosse risparmiato quel viaggio nella campagna di Ulma, gli ricordai allora che Klaus, tempo prima lasciò intendere che il suo compito su questa terra fosse quasi ultimato e che sarebbe tornato dal Padre, Gianluigi non si calmò.
L’anno dopo la morte di Klaus del 2009, mentre ero al lavoro nel negozio di Via degli Scipioni ricevetti una delle tante telefonate di Gianluigi, di solito mi aggiornava su qualche uscita musicale, su qualche libro da leggere o anche del vecchio invito a trasferirmi con mia moglie nel suo casale per mettere su una casa vacanze e vivere tutti insieme. Quel giorno però qualcosa non tornava, la voce era normale e serena ma andò subito al dunque da medico: “Mi hanno diagnosticato un carcinoma al colon” mi disse, aggiungendo poi “Mi restano due anni di vita, se mi va bene!”. Lo disse con la semplicità con la quale si informava di calcio, lasciandomi senza parole per un tempo abbastanza lungo nel quale pensai subito a mio padre morto per la stessa causa dopo una lunga sofferenza. Pronunciai delle parole di circostanza, subito cancellate dalla sua cristallina e lucida rappresentazione degli eventi a venire, tra i quali un immediato intervento chirurgico. Se ne andò dopo circa due anni di lotta e di programmazione delle cose da fare, nel 2012, poco prima della morte, le edizioni Applausi pubblicarono finalmente il suo libro enciclopedico sul Krautrock: “Made in Germany” Psichedelia, rock progressivo e musica cosmica dal 1967 al 1979.

La notte tra l’11 e il 12 di Aprile del 2013 ero all’interno di una stanza dell’Hospice di Terni, con Gianluigi, Alessandra e la sorella Deborah, con l’acca finale come scherzava sempre lui.
Lo fissavamo tutti e tre in silenzio e ad un tratto il suo respiro si fece sempre più profondo, sordo e accelerato, con il volto illuminato da una piccola luce di cortesia, avrei voluto abbracciarlo e sussurrargli qualche passo del Bardo Thodol, al quale dedicò un lavoro musicale del 2002 e per il quale scrissi qualche parola introduttiva; non lo feci e Alessandra mi chiese di uscire insieme a Deborah perché percepì la sofferenza che di là a poco sarebbe terminata.
Uscimmo e ci sedemmo nella sala accanto, poco appresso ci raggiunse dicendo che ci aveva lasciato. Non ricordo se piansi, ma lo vidi partire nella mia mente per uno dei viaggi cosmici che fin da ragazzo lo rapirono, le tracce infinite dei Tangerine Dream, di Klaus Schulze, dei Cosmic Jokers al primo stadio, le variazioni di Bach per organo suonato da Florian Fricke coi Popol Vuh al secondo, per poi risalire le scale di Maquam con Klaus Wiese al cospetto del Compassionevole e Misericordioso.
Sono passati dieci anni e posso dire di aver avuto l’onore, la gioia e il dono di aver percorso un tratto della mia vita insieme a Gianluigi Gasparetti. Aspettami amico mio.
Per approfondire:
https://www.rankirlian.com/oophoi/