“Un trionfo” , per dirla alla Totò, ma dell’eccesso, quel Caligola del 1979, per la regia di Tinto Brass.

Riveduto e corretto (anzi a causa dei contenuti sarebbe meglio dire corrotto) nel 1984, in Io Caligola, questa controversa opera scaturita dalla collaborazione tra il regista e Bob Guccione di Penthouse, vanta un cast d’eccezione, per dirla da manuale. Malcom McDowell nei panni dello smodato imperatore che succede a Tiberio, a sua volta interpretato da uno smagliante ma devastato ad hoc Peter O’Toole, nonché la Gran Dame Helen Mirren tutt’altro che veccia muchacha, per scomodare stavolta Checco Zalone. L’attrice, all’epoca trentaquattrenne ed estremamente sensuale incarnava bene il ruolo della moglie complice degli eccessi di Caligola. A coronare questo tripudio di follie, violenze e fantasie sessuali tutt’altro che non realizzate, alle star internazionali facevano da coro alcuni tra i migliori attori e caratteristi italiani: Adriana Asti, Leopoldo Trieste, per citarne alcuni.

La sceneggiatura di Gore Vidal prende vita in uno tsunami di sfrenatezze esasperate, che a tratti fanno scadere il film in una sorta di minestrone trash, un b movie di livello lievemente meno scadente, ma la provocazione e le interpretazioni anche coraggiose degli interpreti (considerando che McDowell neanche sul set e nella vita privata in quel periodo fosse poi così pacato) a distanza di oltre quarant’anni fanno impallidire le orge opposte alle fantasie represse di film come Eyes Wide Shut. 137 minuti di follia, sangue, sesso, violenza e dispotismo sceneggiati, in linea con quel cinema degli anni ’70 del Novecento che ha celebrato tra i vari temi la sfrenatezza, la smodatezza e la libertà di costumi, basti pensare al Rocky Horror Picture Show.