Pubblicato a marzo 2020, il reportage fotografico di Roger Eberhard nasce dall’idea di riflettere sul significato di confine, parola in continuo mutamento per motivi soprattutto politici e storici. In piena pandemia globale da Covid-19 questa linea divisoria non è più solo esterna a noi, ma è entrata anche nelle nostre case e il suo lavoro è un invito ad ampliare il nostro sguardo sull’argomento.
Roger Eberhard è un fotografo svizzero che, ad oggi, vive e lavora tra Berlino e Zurigo. Cresciuto a Birmensdorf (comune del canton Zurigo), ha studiato al Brooks Institute for Photography in California e alla Scuola di Belle Arti della sua città. La sua ultima pubblicazione “Human Territoriality” è attuale più che mai, non è una semplice raccolta di incantevoli fotografie di paesaggi provenienti da tutto il mondo. Ogni immagine ha lo scopo di sottolineare quanto mutevole sia un confine e tenda quindi a trasformare le cartine territoriali nel più profondo senso geopolitico.

Un lavoro lungo tre anni, alla ricerca di luoghi che nascondono insidie e storie al di là di un primo sguardo dato superficialmente. Chi meglio di uno svizzero nato in un piccolo paese e circondato da altri più imponenti (oltre che da catene montuose) può farsi portavoce e riflettere quanto al giorno d’oggi il concetto di confine sia stato plasmato da eventi mondiali quali i divieti d’ingresso, le guerre e le migrazioni di massa? La Svizzera, inoltre, si presta a questo suo lavoro di riflessione e in particolare due località: Furggsattel e l’Ellhorn. Nella prima la stazione terminale dello skilift per il ghiacciaio che lì sorge si trovava in Italia, ma i cambiamenti climatici nella regione hanno portato ad uno slittamento dello spartiacque tra i paesi. L’Ellhorn, invece, sin dalla Seconda Guerra Mondiale, era un punto strategico per il territorio. La Svizzera avrebbe voluto includere il Liechtenstein al suo interno, ma il piccolo paese non cedette alle pressioni e come compromesso diede in cambio diversi luoghi di grande importanza militare tra cui, appunto, l’Ellhorn.

Human Territoriality riesce, attraverso la documentazione seriale di scorci naturali e artificiali ad interrogarsi (e ad interrogarci) su storia, filosofia, politica, economia e sociologia e quanto l’uomo abbia influito col suo operato a trasformare il territorio, ma al contempo ci ricorda che un’immagine non è solo bellezza, uno sguardo attento misto a curiosità può leggervi storie di luoghi e persone di un tempo ormai passato riportato in vita da un click.
Tiziana Panettieri