di Lorenzo Bagnato – inviato a Venezia 75
Il cinema tedesco ha da sempre avuto una grande tradizione anti-nazista. Come la nazione stessa, infatti, anche gli autori cinematografici provano un estremo ribrezzo verso il loro passato. Ne sono esempi film come L’Onda (Dennis Gansel) e Le Vite degli Altri, che valse anche l’oscar per il Miglior Film Straniero al regista Florian Henckel von Donnersmarck.
Quest’ultimo è tornato dietro la macchina da presa dopo otto anni di inattività con Werk ohne Autor (Opera senza autore), presentato in concorso alla 75a edizione del Festival di Venezia.
La pellicola è una lunga epopea storica che ruota intorno a Kurt Benner ed al suo sogno di diventare pittore. Il film, come una specie di Guerra e Pace moderno, affianca le vicende dei protagonisti con il corso reale della storia, mostrandone una minuziosa perizia nella ricostruzione e nel racconto. Donnersmark, come nel suo precedente Le Vite degli Altri, demonizza pesantemente sia il regime nazista sia quello comunista con una forza tipica solo dei tedeschi; mostrando quanto la Germania sia stata profondamente abbattuta durante il secolo scorso. Tuttavia non vi è alcun tentativo di assoluzione. Tutt’altro. Il protagonista Benner odia le dittature in cui è costretto a vivere più per frustrazione nei confronti di un paese messo in ginocchio piuttosto che per una persecuzione sulla sua stessa persona. In questo senso, Werk ohne Autor è un vero film patriottico, poichè mostra l’amore per la patria nonostante i suoi errori e le sue colpe.
Tutti questi anni di attesa per un nuovo lavoro di Donnersmark sono stati dunque ripagati da un film antologico, unico ed imprescindibile, la cui visione è certamente meritata.